Le agevolazioni prima casa e la residenza familiare

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 22023 del 21 settembre 2017 è del seguente tenore:

  1. I coniugi A e B acquistano con le agevolazioni di prima casa un immobile sito in un Comune diverso dalla loro residenza. Essi, a termine di legge, dichiarano che otterranno la residenza nel termine di diciotto mesi.
  2. Nel corso dei 18 mesi, prima di trasferirsi nella casa comune, i due si separano.
  3. A seguito degli accordi di separazione, A trasferisce a B il suo mezzo e successivamente prende la residenza nella nuova abitazione, ovviamente da solo.

I problemi sarebbero due:

  • La decadenza di A dalle agevolazioni fiscali per rivendita nel quinquennio. Si tratta di questione da tempo inquadrata, anche da parte dell’Agenzia delle Entrate, come inapplicabile nel caso di separazione.
  • Il mancato trasferimento di A nel termine di 18 mesi, che provocherebbe la revoca del beneficio. E’ questa una fattispecie inedita in giurisprudenza, che coerentemente la Cassazione ha risolto con lo stesso criterio del problema precedente, escludendo la revoca del beneficio.

Di particolare interesse è l’argomento usato dagli ermellini: il riferimento a una “residenza familiare” che sarebbe il vero punto di riferimento della norma.

In altre parole, anche se entrambi i coniugi assumono l’obbligo di trasferire la residenza, rimane fermo il fatto che essi sono liberi di avere due residenze anagrafiche diverse purchè fissino una residenza familiare. Già in passato (Cass. 13334/2016) la Cassazione aveva richiamato in proposito l’articolo 144 c.c.( “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiaree fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa …”) e asserito che “… il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia”. Se pertanto solo uno sposta la residenza nella casa, quel che conta è che essa sia effettivamente il luogo dove si svolge la vita familiare. Per citare testualmente l’ordinanza: “il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui ove l’immobile acquistato sia adibito a tale destinatone non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione”, e non sarà legittimo per l’Ufficio il recupero di metà dell’imposta.

E’ singolare il richiamo alla residenza familiare per un caso in cui la famiglia è in via di dissoluzione: insomma, l’accostamento non pare del tutto pertinente. E tuttavia la decisione ha due pregi, quello di continuare a impedire revoche dei benefici e decadenze per situazioni analoghe alla forza maggiore, quali sono le separazioni e i divorzi (per le quali del resto, quando contemplano trasferimenti immobiliari, esiste un consistente favor tributario che contempla l’esenzione da imposte) e quello di ribadire un orientamento ormai in via di consolidamento, ovvero la sussistenza in capo a un solo coniuge dell’obbligo di spostare effettivamente la residenza (conformi Cass. 13334/2016; Cass. 25889/2015; Cass. 23225/2015). Rimane certo da domandarsi che senso abbia, una volta escluso che uno dei due coniugi abbia l’obbligo di trasferirsi, imporre in caso di comunione legale che entrambi debbano possedere i requisiti per le agevolazioni di prima casa.

E in effetti, mentre questa è la pretesa dell’Agenzia delle Entrate che riconosce i benefici solo al 50% (in capo al coniuge che possiede i requisiti), la Corte di Cassazione (15426/2009) è orientata diversamente, qualificando l’acquisto in capo al coniuge pre-possidente come un mero effetto di legge più di una dichiarazione di volontà resa al momento dell’acquisto.

Alla luce delle argomentazioni sulla residenza familiare, tuttavia, ci sarebbe da domandarsi se davvero la totalità del beneficio fiscale, in assenza dei requisiti per uno dei due, possa sussistere solo per i coniugi in comunione legale: se rileggiamo la normativa alla luce delle ultima decisioni della Cassazione la sequenza che ne scaturirebbe dovrebbe essere: 1) è sufficiente che solo uno dei due coniugi trasferisca la residenza nel Comune 2) siccome il trasferimento nei 18 mesi è uno dei requisiti, si ricava che non debbano per forza sussistere gli altri requisiti e cioè che le agevolazioni spettino per intero anche se uno solo dei coniugi non ha altre case di proprietà, acquistate con agevolazioni o di proprietà esclusiva nello stesso Comune 3) prospettare tale esito solo per i coniugi in comunione dei beni determina un profilo di incostituzionalità a danno delle famiglie che hanno adottato il regime di separazione dei beni.

Suggerito questo percorso di riflessione e ipotesi operativa, bisogna comunque ricordare che attualmente il risultato potrebbe essere raggiunto solo in via contenziosa, stante che pure sulla concessione delle agevolazioni ai coniugi in comunione dei beni quando uno solo dei due è in possesso dei requisiti la posizione dell’Agenzia delle Entrate non ha ancora recepito il favor per il contribuente manifestato dalla giurisprudenza di legittimità.

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