Rent to buy e alternative: strategie del giurista

Il mercato immobiliare comincia a restituire qualche segnale positivo ma, senza voler raffreddare l’ottimismo, va segnalato che: 1) i progressi vengono pur sempre parametrati sugli ultimi, disperanti anni. Si è interrotta la caduta ma è prematuro parlare di vera ripresa; 2) l’incremento delle compravendite concerne essenzialmente alcune specifiche metrature e determinati livelli di prezzo; 3) perdura una certa distanza fra la domanda e l’offerta, e un venditore che non si trovi in condizione di estrema necessità non è disposto ad accettare un’ulteriore svalutazione del suo immobile; 4) il ricorso a forme alternative di trasferimento, legate al pagamento differito del prezzo, rimane una strada praticata assai marginalmente.
Su questo punto (che è in qualche modo collegato a tutti gli altri) voglio brevemente soffermarmi, partendo da una considerazione strettamente giuridica. L’articolo 23 della legge del d.l. 133 convertito in legge 164/2014 ha introdotto l’istituto del contratto di godimento degli immobili in funzione di successiva alienazione. Idealmente, si tratta di una regolamentazione a sostegno del rent to buy, prassi che si era diffusa negli ultimi anni e che solo in minima parte riproduceva le dinamiche del cosiddetto affitto con riscatto.
Non voglio qui soffermarmi sulla tipologia di questo contratto né sulle notevoli fragilità: quel che mi preme constatare è che nella prassi contrattuale si tende a considerare esistente quell’unico modo di approssimarsi al differimento del prezzo modo che, a seconda del livello culturale del parlante, viene qualificato come rent to buy oppure affitto con riscatto.
In realtà, rent to buy e affitto con riscatto sono ben differenti tra loro, e nessuno dei due si identifica con la fattispecie dell’articolo 23. Più esattamente, esiste una vasta famiglia di costruzioni contrattuali riconducibile al rent to buy, e di queste la cessione del godimento in vista della futura alienazione costituisce solo un tipo, non sempre necessariamente il più competitivo. In dottrina, allo schema del rent to buy sono stati aggiunti quello dell’help to buy e quello del buy to rent, ma senza perderci nel torrente di anglismi (talvolta sconosciuti al mondo anglosassone, dal quale si immagina che provengano) basti qui dire che le parti possono orientarsi in un’infinità di gradazioni in mezzo ai due poli opposti della locazione con opzione di acquisto e della compravendita dell’immobile con trasferimento immediatamente efficace ma sottoposto alla condizione risolutiva di mancato pagamento del prezzo.
Riservandomi di delineare prossimamente alcune peculiarità di queste ipotesi, intendo qui fermarmi alla loro soglia con una piccola tabella che solo apparentemente si discosta dal profilo giuridico.La mia sensazione è che sarebbe più agevole indirizzare i venditori verso il differimento del prezzo (sbloccando un buon numero di trattative) se il giurista (di concerto con il mediatore, ove presente) si prendesse carico di individuare esattamente i bisogni specifici delle due parti e di conciliarli, scegliendo la soluzione tra quelle più appropriate. So bene che l’interpretazione della volontà delle parti e la sua traduzione giuridica sono la base della funzione di adeguamento, che è addirittura un dovere del notaio. Qui però siamo oltre la funzione di adeguamento e siccome ci siamo “piegati” alla profusione di termini anglosassoni per approssimarci al pagamento differito mi permetterò di ricorrere a un’espressione che precisamente fotografa quanto intendo, ovvero il problem solving.
Che il giurista debba assumere un atteggiamento di problem solver è ormai oggetto anche di produzione didattica. Il problem solving impone di andare oltre un’onesta ricostruzione della volontà individuale per verificare se essa si stia formando correttamente anche dal punto di vista cognitivo. In effetti il problem solving comprende anche acquisizioni proprie della finanza comportamentale, ovvero della scienza sociale che studia il modo in cui i soggetti prendono le decisioni e spiega quali siano le distorsioni che le allontanano dallo stereotipo dell’uomo quale agente razionale.
L’atteggiamento più corretto non è dunque seguire il cliente o chi lo assiste nella sua intenzione astratta di sottoscrivere un rent to buy e limitarsi a introdurre qualche variante dentro tale schema (operazione spesso frustrata dall’insuccesso), bensì dimenticare per un attimo i modelli giuridici e porre i clienti (che in questi casi più che mai sono due, venditore e compratore: le cautele e i bisogni da tutelare all’interno di un contratto che sarà sempre parzialmente di durata sono di entrambi) di fronte alla valutazione incrociata dei fattori che davvero corrispondono ai loro bisogni e aspettative. E solo successivamente farli calzare con lo strumento giuridico che meglio li coordina e valorizza.
Qui di seguito, dunque, elenco i sei fattori che considero essenziali. Per una volta, insomma, non un approccio strettamente giuridico (su quale tornerò in testi successivi). E però l’approccio che dovrebbe seguire un giurista problem solver.

Prossimamente entrerò nel dettaglio giuridico di alcune soluzioni.

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