Trust di scopo

QUANDO NON SI USA IL TRUST

Una società capogruppo X vuole inserire in un trust alcuni suoi beni immobili per porli a garanzia di società controllate in vista di una serie di operazioni finanziarie. Sarebbe disponibile a un trust autodichiarato. Al termine delle stesse, i beni rientrerebbero a pieno titolo nel patrimonio della società X. I beni tuttavia hanno un valore ingente e la società X sarebbe disposta alla costituzione del trust solo immaginando che lo scopo del trust escluda l’applicazione delle imposte di trasferimento. Vorrebbe inoltre, se possibile, applicare la legge inglese.

Non è sempre semplice distinguere fra un trust di scopo e uno con beneficiari: nel caso in esame, ad esempio, le società controllate ricevono pur sempre un beneficio. Tuttavia, la circostanza che i beni siano destinati a ritornare alla società capogruppo e quella che la società X operi in funzione di un proprio beneficio, sia pure indiretto, sono elementi di rilievo ai fini della qualifica di trust di scopo. Anche l’autodestinazione potrebbe deporre in tal senso. L’importanza della distinzione dovrebbe emergere a livello di imposizione indiretta, poiché in assenza di beneficiari e di animus donandi si immaginerebbe che non vengano applicate le imposte di donazione. Invece l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate è di tassare i trust di scopo allo stesso modo di quelli con beneficiari: anzi, visto che manca un beneficiario determinato (o comunque, in un caso come il nostro, anche se si determinasse non vi sarebbe certo un grado di parentela, trattandosi di persone giuridiche) di tassarli con l’aliquota più elevata. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate applica le imposte ipotecarie e catastali, anche se il trust è autodichiarato. In definitiva, il trust sconterebbe l’imposta dell’11%, e neppure sul valore catastale ma su quello venale, trattandosi di enti. La giurisprudenza tributaria è nettamente contraria alla posizione dell’Agenzia delle Entrate sul secondo punto, e propende diversamente anche sul primo. Il professionista, tuttavia, specie sulla tassazione del trust di scopo non avrebbe alcuna positiva certezza da offrire alla società X. Meglio sarebbe ricorrere a un vincolo di destinazione. In verità, anche sul vincolo pende l’incertezza, avendo la Cassazione sostenuto che tutti i vincoli scontano un’imposta pari a quella di donazione. Si tratta però di una posizione non ancora consolidata, ancor meno fondata di quella esposta prima e soprattutto non ancora ufficialmente adottata dalla Pubblica Amministrazione, che anzi distingue tra vincoli traslativi e non traslativi, sottoponendo i secondi a tassa fissa. Anche nella peggiore delle ipotesi, poi, sarebbe difficile sostenere che il valore della destinazione da tassare equivalga al valore di trasferimento. Se la società X decidesse di procedere egualmente con il trust, magari optando per il ricorso contro l’imposizione, dovrebbe però rinunciare alla regolamentazione della legge inglese dato che come trust di scopo essa ammette soltanto quelli di beneficienza.

QUANDO SI USA IL TRUST

Tizio voleva costituire una fondazione per dei giovani studenti meritevoli mettendole a disposizione un patrimonio di 500.000 euro. Ha però riscontrato che la procedura è complessa e appesantita dall’intervento pubblico. Ha quindi pensato di ricorrere a un trust, purchè questa scelta non aggravi le spese fiscali.

Anche in questo caso la distinzione fra trust di scopo e trust con beneficiari (che di nuovo parrebbe tendere verso il primo) non è rilevante per l’imposizione diretta. Stavolta però a favore del contribuente. Infatti, l’Agenzia delle Entrate riconosce l’esistenza del trust Onlus, che viene sottoposto al regime agevolato sia per le imposte diretta che per la sua dotazione. Un trust di questo tipo, dunque, sconterà l’imposta fissa. E’ necessario però, oltre al possesso di tutti i requisiti propri dell’Onlus, che il trust sia strutturato come un trust opaco e non trasparente, ovvero che non vi siano beneficiari titolari di un diritto di credito certo ed esigibile. In altre parole, se il disponente individuasse prima gli studenti, e anche quanto deve essere loro erogato all’anno, saremmo fuori dal campo dell’Onlus.

Il trust, quindi, si presenta davvero come una valida alternativa alla fondazione.

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