Dieci sentenze sul trust 2021

Ecco, come ogni anno, la mia personale graduatoria di importanza delle decisioni giurisprudenziali in tema di trust. Ci sono molti temi caldi, dalle imposte indirette al trust liquidatorio, dalla responsabilità personale del trustee allo scioglimento del trust.

  1. Commissione Tributaria Regionale, Toscana – 25 marzo 2021

Parrà eccessivo assegnare il primato dell’anno alla decisione di una Commissione Tributaria, eppure quasi mai la questione della tassazione relativa ai trust con scopo di garanzia viene affrontata con lucidità. La Cassazione, dopo avere innovato sul momento impositivo del trust, si è poi pigramente assestata su questa linea in ogni sua decisione, e così dietro di lei la giurisprudenza di merito e quella tributaria. Quando ci si trova al cospetto di un trust di garanzia, qualunque ne sia la forma (quella del caso specifico prevedeva lo scopo di vendere beni del debitore per liquidare con il ricavato i creditori), non basta ai giudici di cavarsela con il mancato arricchimento di ora, dando per implicito, e talvolta esplicito, che l’obbligo tributario scatterà con il trasferimento dei beni dal trustee al beneficiario: bisognerebbe invece precisare che l’arricchimento non si verificherà mai, non almeno nei termini di un negozio liberale, trattandosi di negozio solutorio a favore dei creditori. A onor del vero nemmeno questa decisione si esprime al riguardo con tale nettezza. Ma quando afferma che “il negozio è stato creato con lo scopo di rafforzare la garanzia di un’importante esposizione debitoria senza realizzare alcun incremento patrimoniale a favore di terzi per effetto di un atto di liberalità” crea le premesse per negare che debba applicarsi imposta di donazione anche nel secondo passaggio, che evidentemente non comporterà un arricchimento (limitandosi a estinguere un debito) e tanto meno un atto di liberalità.

  1. Cassazione, ordinanza 27 aprile 2021 n. 11099

Sarebbe esageratamente snobistico cassare in questa graduatoria tutte le decisioni che hanno confermato l’orientamento consolidatosi nel 2020, ovvero lo spostamento del momento impositivo che ho ricordato sopra (ovvero, le imposte si pagano nel passaggio dal trustee ai beneficiari). Caso mai capitasse qui sopra qualcuno che si è perso le puntate precedenti, scelgo tra le varie questa ordinanza della Cassazione, visto che si colloca cronologicamente in mezzo ai due momenti di capitolazione dell’Agenzia delle Entrate, la risposta a interpello n. 106 del 15 febbraio 2021 e la circolare sottoposta a consultazione pubblica l’11 agosto 2021. Possiamo ufficialmente dichiarare concluso e consolidato questo ciclo. Vedremo quale storia ci porterà il futuro: a mio parere sarà più spinosa di quel che oggi può apparire.

  1. Corte d’Appello Milano -13 dicembre 2021

La decisione più sconcertante dell’anno. Si afferma che il trustee è tenuto, quale proprietario di un immobile sito in un condominio al pagamento delle spese condominiali. E questo sarebbe normale (e anzi stupefacente che si sia sopra instaurato un contenzioso) se fosse un modo per dire che quando un bene è detenuto in trust, il trustee, nella sua qualità, ha l’obbligo di pagare le spese condominiali. E invece: “il trustee risponde con tutti i propri beni (diversi e ulteriori rispetto a quelli trasferitigli in qualità di trustee) delle obbligazioni nascenti dal trust”. Con tutti i suoi beni?? Per essere chiari: non è da escludere a priori che la segregazione del patrimonio prodotta da un trust sia unilaterale; cioè, è sempre vero che i creditori personali del trustee non possono rivalersi sui beni posti in fondo, ma non è sempre vero il contrario, che i creditori del fondo non possano rivalersi sul trustee. Dipende dalla legge regolatrice: la legge inglese ad esempio consente che i creditori del trust possano agire sui beni personali del trustee, ed è una delle ragioni per cui viene scelta di rado. Ma nella sentenza non vi è mezzo cenno alla rilevanza della legge regolatrice, e nemmeno a una questione di affidamento del terzo provocata dal comportamento del trustee. Si pretende invece, con clamoroso fraintendimento della lettera e dello spirito, di farne un elemento sistemico della Convenzione dell’Aja. Precedente isolato, sin qui non troppo preoccupante.

 

  1. Commissione Tributaria Regionale Lazio, Roma – 8 luglio 2021

Se un trust viene risolto consensualmente, con il ritorno dei beni al disponente, non sono dovute imposte, perché manca l’arricchimento. L’interesse di questo caso non è tanto nella stretta decisione tributaria, che alla luce del nuovo favor per il contribuente in materia di trust era scontata, quanto nel riferimento (a poca distanza da un altro simile) allo scioglimento consensuale del trust, che pare un’aberrazione dal punto di vista del diritto dei trust. Trattandosi di decisioni tributarie, non emerge molto sulla struttura giuridica dell’atto istitutivo: è possibile che sia stato qualificata malamente quello che era invece, ad esempio, uno scioglimento dal trust per rinuncia dei beneficiari, come nel caso di cui si è occupata la sezione Tributaria della Cassazione il 30 marzo 2021. Certamente una delle questioni che più inquieta coloro che prendono in considerazione il trust è la sua tendenziale irrevocabilità (che tale è non per le leggi regolatrici ma per la mancata metabolizzazione del nostro ordinamento di questo profilo). Il giurista deve ingegnarsi per valorizzare al meglio la flessibilità del trust e però preoccuparsi prima di tutto della sua tenuta. Per quel poco che si intravede dietro queste risoluzioni consensuali (ma lo stesso varrebbe per una costruzione troppo semplicistica di una rinuncia dei beneficiari), c’è il rischio che tornino in voga formule rozze e sbrigative di approcciare lo strumento, che finirebbero per nuocere a chi se ne serve e segnerebbero un arresto in questa bella evoluzione positiva che si sta delineando nella sua normalizzazione dentro l’ordinamento.

  1. Corte d’Appello di Torino 21 ottobre 2021 n. 1148

Riguarda un trust liquidatorio, inteso come sostitutivo della procedura di liquidazione di beni sociali, e istituito da un’azienda agricola. A conferma di una certa evoluzione nella materia, e conformemente alla linea indicata in passato dalla Cassazione, il Tribunale di Vercelli ne aveva escluso la nullità (affermandone anzi l’aderenza al sempre più diffuso principio di negozialità dentro la crisi d’impresa) e ammesso solo la revocatoria, con riguardo alle circostanze specifiche. La Corte d’Appello di Torino mantiene la stessa linea ma le conclusioni tratte sembrano piuttosto generiche, nel senso che sulla base di esse parrebbe assai arduo a un qualunque trust liquidatorio di sottrarsi a una revocatoria. La corte rileva infatti che, nonostante la dichiarata intenzione di assicurare la par condicio creditorum, “i creditori perdono la possibilità di intervenire sui beni segregati” e “debbono sottostare alle modalità liquidatorie imposte loro dal trustee”; e che “l’atto ha effettivamente modificato qualitativamente la consistenza patrimoniale della debitrice togliendo ai creditori la scelta delle modalità per ottenere la soddisfazione del dovuto”, essenzialmente le azioni esecutive. Quel che emerge in concreto, tuttavia, non è tanto l’impossibilità di ricorrere al trust liquidatorio bensì la vanità di perseguirlo senza il consenso dei creditori e senza coinvolgere questi ultimi quanto meno nel controllo delle operazioni (il guardiano era un soggetto di fiducia nominato dal disponente-trustee e da lui revocabile: l’insieme della struttura, bisogna riconoscerlo, non infondeva esattamente fiducia).

  1. Cassazione 9 febbraio 2021 n. 3073

Dopo i giudici di merito, la Cassazione conferma la larghezza interpretativa riguardo all’imposta di registro: il trustee persona fisica può richiedere l’applicazione del prezzo-valore sugli immobili abitativi, e dunque versare le imposte sulla rendita catastale anziché sul prezzo. Questo come regola generale. Nel caso specifico, però, l’immobile era gestito dal trustee, congiuntamente con il venditore, nell’esercizio di un’attività commerciale, e ciò rendeva inapplicabile il prezzo-valore per difetto di un presupposto legale oggettivo. A dire il vero, se l’acquirente esercitava l’attività commerciale quale persona fisica e senza nulla a che vedere con il trust, è assai opinabile che tale caratteristica si rifletta su di lui nel momento in cui lo si prende in considerazione quale trustee, salvo che fosse sua intenzione continuare tale attività anche nella qualità di trustee. Ma nella sentenza si rimanda in modo molto succinto agli elementi fattuali che aveva valutato la Corte d’Appello.

  1. Cassazione n. 9703 13 aprile 2021

Qualifica necessario il litisconsorzio del beneficiario in un giudizio di nullità del trust. Si esprime in modo prudente richiamando la giurisprudenza contraria e riconoscendola come maggioritaria ma menziona l’emergere di una posizione che attribuisce al beneficiario una posizione latu sensu creditoria. Rende implicita la necessità di valutare caso per caso ma enuncia un principio piuttosto astratto per giustificare che valga in quello di cui si occupa, e cioè il coinvolgimento nel trust di più soggetti “le cui posizioni giuridiche sono indissolubilmente avvinte e condizionate dalla contestazione della validità genetica della stessa costituzione del rapporto, ovvero della sua opponibilità ai terzi”.

  1. Corte d’Appello Milano – 13 ottobre 2021

Sarebbe una normale revocatoria di un trust se non fosse che l’azione non è stata proposta dai creditori ma dal co-fideiussore. In effetti, quando si tratta di tardiva protezione verso debiti pregressi, la presenza di più debitori o più garanti può scatenare una corsa allo svuotamento patrimoniale che penalizza chi magari ha confidato in una transazione con un’equa ripartizione del debito. Anche costui, pertanto, ha interesse alla revocatoria.

  1. Tribunale Milano – 17 febbraio 2021

Dichiara nulla un trust in cui il disponente sia trustee e beneficiario, a nulla rilevando che due anni dopo sia stato sostituito il trustee. La figura coincide con quello che nelle legislazioni off-shore viene definito asset protection trust, vietato per lo più nelle leggi regolatrici più utilizzate in Italia, chiaramente non riconoscibile ai sensi della Convenzione, alla stregua dell’Anticristo dal punto di vista dei principi di diritto italiano. Dal punto di vista della disquisizione giuridica possiamo rilevare che il concetto di nullità forse non è esattamente applicabile e si debba fare riferimento all’inesistenza. Sotto il profilo pratico, il punto rimane sempre: ma a che scopo azzardare questi obbrobri?

 

  1. Corte d’Appello Bari – 18 ottobre 2021

Una fra le varie decisioni che stanno ripulendo il campo dalle rozze scorciatoie per aggredire un immobile conferito in un trust o, come nel caso specifico, oggetto di un vincolo di destinazione. Non mi pare che qui sia stata questa grande idea di ricorrere al vincolo di destinazione, visto che si trattava della classica difesa patrimoniale tardiva, successiva a una sentenza di condanna. A maggior ragione, perché i ricorrenti, invece di proporre una certamente vittoriosa domanda di revocatoria, hanno optato per la diretta iscrizione di un’ipoteca giudiziale (chiaramente inefficace) ed invocare la nullità per immeritevolezza della causa? Se le circostanze concrete lo consentono potrebbero esserci forse anche conseguenze penali a carico del destinante, ma i campi vanno tenuti distinti: un vincolo di destinazione a favore di un figlio, in assenza di vizi formali, è valido. Le ragioni fraudolente che hanno condotto a realizzarlo devono essere oggetto di valutazione in altra sede. Sulla stessa linea e curiosamente nella stessa data, il Tribunale di Napoli dichiara che non può dedursi la simulazione della preesistenza del credito e nemmeno dal rapporto di coniugio tra il disponente e il trustee, ma al tempo stesso concede invece la revocatoria sulla scorta di quegli stessi indizi di fraudolenza.

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