Smartgiornamento dieci sentenze trust 2020

  1. Cassazione 24 dicembre 2020 n. 29507

Si noti la data. Un tempo una sentenza di questo tipo sarebbe stata considerata un gradito sotto l’albero. Adesso siamo passati alla routine, la Cassazione si è solidamente convertita alla tesi che per tassare il trust si debba attendere il trasferimento dal trustee al beneficiario, mancando all’atto dell’istituzione l’arricchimento (e dunque la capacità contributiva). La decisione qui richiamata non è che l’ultima di una lunga serie, ormai un vero “copia e incolla”, e ad oggi non esiste in pratica un giudice tributario che voglia imporre la tassazione nella fase di istituzione. Pertanto, salvo sorprese, è questo l’ultimo anno che segnalo al vertice una sentenza di un simile contenuto, che deve ormai considerarsi metabolizzato in giurisprudenza. Per chiudere non posso che fare anche io un “copia e incolla”, riportando quel che avevo scritto nel 2019: “Arriverà, a questo punto, la resa dell’Agenzia delle Entrate? Rimane il fatto che, con la bassa fiscalità attualmente in vigore e il mancato adeguamento delle rendite immobiliari, non sempre (anzi, quasi mai) conviene differire le imposte di una pianificazione successoria. Vero, se applichiamo fino in fondo questo approccio il presupposto d’imposta, in certi casi, potrebbe maturare anche tra 50 anni. Finché legge non sopravvenga, però”.

  1. Cassazione 10 febbraio 2020 n. 3128.

Una decisione che potrebbe innovare l’orientamento (per lo più negativo) dei giudici di merito, concernente il trust liquidatorio. Premesso che sotto quest’etichetta vengono annoverate casistiche diverse, quella esaminata dalla Corte concerne il caso di una società che ha istituito un trust allo scopo di soddisfare la massa dei creditori, e per tale fine vi ha conferito l’azienda (in pratica si tratta di una cessione d’azienda) e successivamente ha richiesto la cancellazione dal Registro delle Imprese. La Corte ha ritenuto legittimo tale modus operandi, e in realtà è un orientamento che aveva già espresso nell’ampia, nota ed esaustiva sentenza 10105/2014: diciamo che qui ha messo a fuoco il punto specifico. Una cosa, dunque, è il trust che sottrae agli organi della procedura fallimentare la liquidazione in contrasto con norme imperative concorsuali, un’altra il trust squisitamente liquidatorio, cioè quello che ottiene l’obiettivo di estinguere i debiti sociali con una formula diversa dalla disciplina codicistica inerente la liquidazione. Se vogliamo metterla giù senza tanti giri di parole: se il trust è istituito veramente per soddisfare i creditori sociali è legittimo, se persegue il fine di frodarli no.

  1. Tribunale Roma 12 novembre 2000

Ancor più che il profilo strettamente giuridico (benché esso sia evidentemente il punto di approdo) quel che interessa in questa sentenza, e che riecheggia in altre decisioni (ad esempio in quella del Tribunale di Cosenza 13 luglio), è la deduzione dalla fraudolenza del trust nel quale il disponente abbia conferito tutti i suoi beni- con conseguente revocatoria. Chiarisco: nessuno impedisce di conferire tutti i beni in trust ma qui, come in tutti i casi di revocatoria, stiamo parlando di trust che presumibilmente erano stati istituiti per sottrarre i beni all’aggressione di creditori del disponente antecedenti alla nascita del trust. La riflessione che queste sentenze impongono sono due. La prima è che, contrariamente a quel che accadeva sino a pochi anni fa, non si considera il trust di una persona che ha debito come un atto giuridicamente aberrante ma ci si sofferma serenamente a soppesare la sua concreta idoneità a ledere le aspettative creditorie. La seconda è che molto spesso, se si entrasse nell’ottica di una sana “riduzione del danno”, le persone indebitate potrebbero impiegare il trust per ridurre la propria esposizione patrimoniale futura e selezionare, riguardo ai debiti pregressi, quali beni tengano a salvare più degli altri (salvo ovviamente che i debiti esauriscano l’intero asse patrimoniale).

  1. Cassazione 6 luglio 2020 n. 13883

Riprendendo alcuni precedenti del 2019, questa sentenza viene a scalfire l’interpretazione lungamente incontrastata per la quale l’azione revocatoria va proposta verso l’atto di dotazione e non verso l’atto istitutivo del trust, che in quanto meramente programmatico è di per sé inidoneo a ledere i creditori. Qui viene all’inverso teorizzato che l’atto di dotazione non è isolato e autoreferente ma va considerato nella complessa dinamica dell’operazione di trust e del suo nesso di dipendenza dall’atto istitutivo. Non sembra un ragionamento troppo convincente, e nemmeno si tratta di un sostanzialismo particolarmente meritevole poiché tutela un altrettanto sostanziale superficialità dei ricorrenti, ai quali nulla costerebbe, oltre che studiare, proporre l’azione contro l’atto di contenuto patrimoniale.

  1. Tribunale Milano 28 dicembre 2020

La decisione potrebbe ascriversi al novero di quelle che negano la possibilità di coinvolgere il Tribunale della nomina di un Guardiano dentro un procedimento di volontaria giurisdizione. Va detto però che il caso era più complesso, trattandosi di un trust che già viveva senza guardiano, che la sua designazione doveva avvenire all’unanimità da parte dei beneficiari e che tale unanimità mancava. Il Tribunale richiama l’orientamento della Cassazione per il quale i procedimenti di volontaria giurisdizione sono connotati dalla non incidenza su diritti soggettivi pieni bensì su situazioni soggettive minori; e afferma che in questo caso la nomina del guardiano avrebbe alterato gli equilibri del trust, incidendo su un diritto soggettivo del beneficiario.

  1. Tribunale Lucca 30 aprile 2020

Va segnalata perché si tratta di una decisione quasi isolata nel riconoscimento della qualità di litisconsorti necessari in un giudizio di nullità ai beneficiari attuali di reddito e potenzialmente beneficiari finali (questo “potenzialmente” rispetto alla qualità di litisconsorte necessario suona un po’ stonato).

  1. Tribunale Ancona, 2 novembre

Apparentemente un apprezzabile caso giurisprudenziale di uso corretto dello sham trust in luogo di simulazione o nullità (anche se, a dire il vero, circolano un po’ tutti i termini e non ci sono abbastanza elementi per spingersi in una certezza che vada oltre “apparentemente”). Interessante nel caso esaminato è che per la tenuta del trust sia decisivo, al di là dell’atto istitutivo, il comportamento del trustee. Che negli anni non aveva richiesto l’attribuzione di utili per milioni di euro e poi se era fermato di fronte al versamento di 5100 euro per la ricapitalizzazione della società…perché il disponente non gli aveva fornito la provvista.

  1. Cassazione 23 novembre 2020 n. 26534

Approvazione con riserva. Nega la tassazione di un trust istituito a favore dei creditori, ma richiamando in modo meccanico l’orientamento sul differimento dell’imposta al momento del passaggio ai beneficiari. Più corretto sarebbe stato (sentiero già percorso dalla Cassazione) negare la tassazione come atto gratuito trattandosi di un atto solutorio. Quali sono i beneficiari che “eventualmente” riceveranno il fondo?

  1. Commissione Tributaria Regionale Lombardia 7 ottobre 2020

Rilevante per le imposte indirette: il trustee persona fisica che acquista un bene abitativo può beneficiare del criterio del prezzo-valore quale base impositiva.

  1. Tribunale Spoleto 10 gennaio 2020.

Come da tradizione in questa rassegna annuale, riporto almeno una decisione relativa al “cugino” del trust, il vincolo di destinazione. Il creditore personale, entro l’anno dalla costituzione del vincolo, può compiere azioni esecutive sul bene vincolato a favore dei creditori della società di cui il suo debitore è socio: anche se è egli stesso creditore sociale, poiché ha diritto a non concorrere in via chirografaria in concorso con gli altri creditori. Tutto ciò sul presupposto che il vincolo sia stato costituito gratuitamente. L’onerosità, of course, avrebbe cambiato la prospettiva.

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