Impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità e Covid19

L’emergenza Covid19 ha ovviamente scompaginato gli equilibri economici nei contratti di durata e più in generale fatto vacillare i termini per l’adempimento delle obbligazioni. Il decreto Cura Italia è intervenuto con l’articolo 91 prevedendo che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articolo 1218 2 1223, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Secondo la gran parte dei commentatori la norma non ha nella sostanza innovato il quadro giuridico, che si affida per il verificarsi di eventi straordinari e imprevedibile alla risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467 c.c.) e all’impossibilità sopravvenuta (art. 1463 e seguenti, e poi vari richiami, fra cui nell’articolo 1218 e 1256 c.c.).

Tra le situazioni più delicate vanno certamente poste le locazioni di immobili commerciali e gli affitti di azienda, per i quali la normativa civilistica pare non appagante per il debitore, stante che approderebbe o a una risoluzione anticipata del contratto (in assenza di un accordo su nuove condizioni) o a un semplice posticipo dei pagamenti.

Il fatto che si tratti di una situazione collettiva, oltre che di portata abnorme, spinge tuttavia verso interpretazioni più favorevoli ai debitori, anche perché perno del codice civile sono le norme che esigono l’integrazione del contratto secondo equità e l’esecuzione del contratto secondo buona fede: ciò che può anche precludere talvolta al creditore di esigere la prestazione, per lo meno nei tempi e nelle modalità con cui era stata prevista. Depone in  tal senso anche un’interpretazione costituzionalmente orientata alla luce del principio di solidarietà. E’ probabile che debba spesso considerarsi operante un obbligo di rinegoziazione delle condizioni contrattuali. Più in generale sarebbe auspicabile, però, che esso venisse gestito all’interno dell’autonomia contrattuale, senza uno sbocco giudiziale il cui esito rimarrebbe comunque incerto.

Un altro punto nevralgico è il termine per l’adempimento delle obbligazioni, e nel campo spicca il termine per l’esecuzione dei contratti preliminari in scadenza. Sarebbe avventato sostenere che chiunque possa invocare un’impossibilità sopravvenuta per non rispettarlo, e non bisogna dimenticare che l’impossibilità non deve essere, per così dire, genericamente ambientale ma incidere effettivamente e in modo radicale sulla possibilità di adempiere di una delle due parti. Anche in questo caso il principio di buona fede esercita un ruolo significativo.

In questo video provo a ricostruire il quadro normativi e suggerire qualche forma di orientamento.

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