Successione
Eredità e successione
Negli ultimissimi anni finalmente, anche in Italia, le persone cominciano a comprendere che pensare con un certo anticipo alla successione è, come minimo, una questione di responsabilità verso la propria famiglia, o verso le persone cui si è legate da vincoli affettivi o che mancano di risorse per condurre un’esistenza dignitosa.
A lungo, nell’ambito europeo, solo in Grecia si facevano meno testamenti che in Italia.
Ma le cose stanno cambiando. Forse un giorno ci avvicineremo alla lungimiranza anglosassone, dove oltre la metà della popolazione provvede guardando oltre se stessa.
Figli che litigano sulla divisione dell’eredità, disagio di persone che avrebbero meritato da voi più riconoscenza o cura nel proteggerle, aziende familiari che si disgregano, parenti dimenticati e dimenticanti che vedono nel pallido legame di sangue una vincita alla lotteria, il valore che avete costruito disperso da parte di qualcuno capace solo di distruggerlo.
Questo si può impedire pianificando la propria successione.
Dotando di ulteriore senso quanto avete economicamente costruito durante l’esistenza, il testamento non riguarda solo la morte ma anche la vostra vita.
Redigere un testamento valido
Anche se per redigere un valido testamento bastano carta e penna, gioverebbe comunque la consulenza di un giurista. E in alcune circostanze è opportuna, o necessaria, la redazione ad opera del notaio e la conservazione fra i suoi atti come testamento pubblico.
In realtà il testamento- che pure può assumere vari livelli di complessità- è soltanto uno dei modi per pianificare la propria successione. Esistono strumenti alternativi ed è possibile anticipare gli effetti della successione.
La tassazione delle successioni in Italia in questo momento è straordinariamente vantaggiosa
Per fare un esempio, la stessa eredità di un milione a favore dei figli pagherebbe 260 milioni in Francia, quasi 200 in Germania e nulla nel nostro paese! Senza attendere che le aliquote vengano allineate con la media europea, può essere opportuno pianificare la successione secondo modalità che non lascino un carico tributario, forse molto gravoso, sugli eredi.
La consulenza notarile in campo successorio può insomma andare al di là di una pur importante assistenza nella redazione del testamento. Di seguito trovate alcune delle attività che svolgo in materia, e che sono rivolte alla clientela privata o agli studi legali che necessitano di un’assistenza o una consulenza.
Pianificazione successoria
Trust orientati alla successione
Successioni internazionali
Clausole testamentarie complesse
Passaggio generazionale dell'impresa
Donazioni, divisioni, dichiarazioni di successione
Esecuzioni testamentarie
Tutele del convivente
Contratti di mantenimento e assistenza
Transazioni successive a lesioni di legittima
Dichiarazioni di successione
Accettazioni, rinunce, inventari
Contatta il notaio per una consulenza
Successione ereditaria: come funziona e chi interessa
indice
La successione ereditaria consiste nel trasferimento a favore di alcune persone dei diritti patrimoniali di una persona deceduta
Una successione quindi “si apre” nel momento stesso in cui qualcuno muore.
Ci sono però quattro categorie di persone vive che sono interessate a una successione ereditaria:
- Quelli che vogliono decidere a chi andrà il loro patrimonio quando saranno morti
- Quelli che sono chiamati a un’eredità e devono decidere se accettarla o meno
- Quelli che vogliono accettare un’eredità e vogliono sapere quali passi compiere
- Quelli che sono stati esclusi da un’eredità, o hanno ricevuto beni che non ritengono sufficienti, e stanno pensando (o hanno deciso) di agire giudizialmente contro un testamento.
Il notaio è sicuramente la figura professionale più coinvolta nel campo delle successioni
Il notaio Remo Bassetti si occupa di assistere le prime tre categorie di persone, con le prestazioni che rendono possibile raggiungere questi obiettivi, e offre pareri e consulenza agli studi legali che assistono la quarta categoria di persone o prestano assistenza agli eredi che da costoro devono difendersi.
Il primo marzo 2024 Remo Bassetti- notaio, autore giuridico, scrittore e consulente giuridico- pubblicherà “Il grande libro delle successioni”, nel quale tutti gli appartenenti alle quattro categorie sopra indicate potranno trovare le informazioni per orientarsi nel campo delle successioni che gli interessa.
In modo schematico e con uno stile più asettico di quello che Remo Bassetti usa nei suoi libri, troverete nelle righe che seguono le informazioni basiche ma essenziali sulle successioni, sull’eredità, sull’accettazione o la rinuncia all’eredità, sul testamento, sulle imposte di successione, sui diritti dei legittimari e la loro tutela.
Se vi trovate già in una delle situazioni descritte sopra, lo studio notarile Remo Bassetti può assistervi, fra l’altro, in materia di redazione di testamenti, anche dalle clausole testamentarie particolarmente complesse, donazioni, divisioni ereditarie, accettazioni di eredità, rinuncia all’eredità, dichiarazione di successione, atti di notorietà necessari per svincolare conti correnti e titoli intestati al defunto, autorizzazioni di atti di vendita inerenti un’eredità, atti di cessione di usufrutto con riserva della nuda proprietà, redazione di inventari, transazioni successive a lesione di legittime e atti di integrazione dei diritti dei legittimari. Il notaio Remo Bassetti si occupa altresì, anche nel quadro di una completa assistenza nell’ambito della pianificazione successoria, di attività più moderne e specialistiche come il trust testamentario o il trust orientato alla successione, le successioni internazionali, il rilascio del certificato europeo successorio, i contratti di assistenza e mantenimento tra un soggetto e un suoi eredi, le tutele contrattuali del convivente in funzione para-successoria, le questioni inerenti al patrimonio digitale, l’assunzione dell’incarico di esecutore testamentario, il prestito vitalizio ipotecario, i verbali di prova, il patto di famiglia, il passaggio generazionale dell’impresa.
Successione legittima e successione testamentaria. I chiamati all’eredità e le quote
La successione legittima è quella in cui, mancando un testamento, i beni di un’eredità vengono attribuiti ai soggetti indicati dalla legge secondo il grado di parentela. Vengono presi in considerazione anche i concepiti, purché tali al tempo dell’apertura della successione.
Il codice civile, negli articoli 565-585, indica i gradi, l’ordine e i casi di concorso fra più categorie. Per semplicità nell’esporli, accadrà di definirli eredi, ma più precisamente saranno chiamati all’eredità. Diventeranno cioè eredi solo manifestando, anche tacitamente, la volontà di accettare.
In assenza del coniuge, i figli ereditano tutto il patrimonio in parti uguali fra loro. Se più figli concorrono con il coniuge, riceveranno due terzi del patrimonio, mentre al coniuge spetterà il terzo. Se il figlio è uno solo, l’eredità sarà divisa a metà con il coniuge superstite.
Se uno dei figli premuore al defunto, la sua quota spetterà ai suoi discendenti (regola della “rappresentazione”).
In mancanza di figli, il coniuge concorre col gli ascendenti del defunto, o con i suoi fratelli, o con gli uni o con gli altri. Tutti costoro si divideranno un terzo dell’eredità, mentre al coniuge ne saranno attribuiti due terzi.
I diritti del coniuge non vengono modificati dalla separazione: li perderà solo con il divorzio.
Gli stessi diritti del coniuge spettano a chi abbia contratto unione civile.
Se mancano sia il coniuge che i figli, l’eredità spetta agli ascendenti e ai fratelli: in nessun caso la quota dei genitori, o da quello dei due che è vivo, sarà inferiore alla metà.
Se non è in vita nessuno di questi parenti più stretti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi. Oltre il sesto grado, tuttavia, l’eredità è devoluta allo stato.
La successione testamentaria è quella regolata, appunto, attraverso un testamento. Essa prevale sulla successione legittima. È tuttavia possibile che l’attribuzione dei beni mediante testamento sia solo parziale. In tal caso, la parte residua del patrimonio sarà attribuita secondo i criteri della successione legittima.
Il testamento: forme, validità e cosa devono fare gli eredi
h3 Il testamento: forme, validità e cosa devono fare gli eredi
Il testamento può essere di tre tipi:
- Il testamento olografo è una scrittura redatta dal testatore senza particolari formalità, salvo la scrittura autografa, la sottoscrizione al fondo e l’apposizione della data.
- Il testamento pubblico è il testamento ricevuto dal notaio con le formalità richieste dalla legge. Il notaio riduce per iscritto le volontà del testatore, corredandole del significato giuridico appropriato, e poi conserva il testamento nella sua raccolta di atti.
- Esiste una terza è più desueta forma di testamento, il testamento segreto: il testo può essere scritto dal testatore o da un terzo, sottoscritto dal testatore, sigillato in una busta davanti al notaio e a lui consegnato. L’atto di ricevimento viene egualmente sottoscritto e viene conservato dal notaio.
Il testamento è un atto unilaterale: non devono registrarsi interferenze nel momento in cui il testatore sta esprimendo la sua volontà
È inoltre un atto revocabile. Il testatore non rimane mai prigioniero della volontà già espresso.
Infine, è un atto mortis causa. I suoi effetti si producono solo dopo la morte del testatore.
Alla morte del de cuius, chi è in possesso di un testamento deve portarlo al notaio per la pubblicazione, grazie alla quale diventerà efficace.
Se si trattava di un testamento pubblico, egualmente il notaio stilerà un verbale per attivarlo.
Eredi e legatari
I legittimari, la tutela e l’azione di riduzione
Non bisogna confondere gli eredi legittimi con i legittimari. I primi sono gli eredi nel caso che la successione si apra senza testamento; i legittimari sono i soggetti che hanno diritto a ricevere una quota minima dell’eredità, anche contro la volontà del testatore.
La differenza si apprezza tipicamente rispetto ai fratelli: se una persona celibe, senza figli e i cui genitori sono morti, decede a sua volta i suoi eredi legittimi saranno i fratelli. Ma se invece ha fatto testamento a favore di estranei i fratelli non potranno opporsi perché non solo legittimari.
Sono legittimari i discendenti in linea retta, il coniuge e gli ascendenti, questi ultimi solo se non vi sono discendenti.
Il coniuge ha diritto alla metà del patrimonio se non ci sono figli. Se c’è un unico figlio ma non il coniuge, la parte indisponibile (così si chiama quella riservata ai legittimari) è della metà; i figli sono di più è di due terzi. In caso di concorso tra coniuge e un figlio, ciascuno di loro avrà diritto a un terzo dell’eredità. Se i figli fossero di più, al coniuge spetterà un quarto e ai figli la metà.
La parte residua di cui il testatore può disporre liberamente si dice disponibile.
Se nel testamento il testatore non rispetta le quote di riserva dei legittimari (cioè li esclude del tutto o assegna loro meno di quanto dovrebbe), costoro possono agire in riduzione, ovvero reclamare e ottenere dagli eredi testamentari la parte mancante. Anche le donazioni, come se costituissero un’anticipazione di eredità, possono essere “ridotte” attraverso l’azione.
Il divieto dei patti successori
Il testamento non può che essere unilaterale, ogni forma contrattuale sarà da considerarsi nulla.
Il divieto dei patti successori, sancito dall’articolo 458 del codice civile, impedisce, ad esempio, che un erede rinunci preventivamente ai suoi diritti successori a favore di un coerede o che il de cuius scambi la nomina di qualcuno a erede testamentario in corrispettivo di una prestazione da eseguirsi in vita.
I patti indicati come proibiti sono quelli istitutivi, rinunciativi e rinunziativi. In sostanza non è solo precluso al testatore di stipulare accordi con qualcuno per disporre della sua eredità ma pure a dei potenziali eredi di accordarsi fra loro per la divisione o di cedere i diritti futuri a un terzo fino a che il de cuius è in vita.
Il trust in alternativa al testamento
L’istituzione di erede non è l’unico modo per disciplinare la propria successione e pianificarla. Il titolare del patrimonio, ad esempio, potrebbe esaurire l’intero suo patrimonio con donazioni in vita.
Tra gli strumenti alternativi, il più moderno è il trust, che può essere istituito con un atto inter vivos o anch’esso con testamento. Detto in due righe, il trust è il trasferimento fiduciario dei beni a un soggetto, il trustee, che provvederà ad amministrarli nell’interesse dei beneficiari, che tali sono del reddito (e godono immediatamente dei frutti dell’amministrazione) e/o del fondo (e riceveranno i beni a una data scadenza: se il trust è istituito con un atto inter vivos e la scadenza è la morte del disponente è evidente la sua funzione successoria). Il trust può apparire molto complesso, ed in effetti richieda una forte competenza specialistica da parte del notaio o avvocato che ne cura le regole programmatiche: nella realtà, dietro lo spinoso tecnicismo, le persone che intraprendono questa strada saranno progressivamente stupite di quanto sia lineare, coerente e comprensibile nei suoi obiettivi ed esiti finali.
Accettazione dell’eredità e rinuncia all’eredità. I termini.
Quando si apre la successione, come detto, non ci sono ancora degli eredi ma solo dei chiamati, per legge o per testamento, e al massimo dei legatari.
Il chiamato all’eredità ha dieci anni di tempo per accettare l’eredità. Il termine può essere abbreviato perché il tribunale su istanza di un interessato (ad esempio il chiamato in ordine successivo) fissa un termine più breve per accettare. Se il chiamato non accetta l’eredità in dieci anni, o in questo termine più breve che gli è stato imposto, decade dal diritto di accettare.
Per accettare l’eredità, tuttavia, una manifestazione espressa di volontà non è necessaria: l’eredità si può accettare anche tacitamente, mediante comportamenti che dimostrino tale intenzione: tale sarebbe ad esempio il possesso di un bene ereditario oppure l’inclusione del suo reddito nel modello unico. Una tipica modalità di accettazione tacita dell’eredità si registra con la vendita di un immobile ereditario: in questi casi il notaio provvederà a trascrivere nella conservatoria dei registri immobiliari l’accettazione tacita prima della trascrizione dell’atto di compravendita.
Se per qualche ragione si ritiene opportuno procedere all’accettazione espressa dell’eredità bisognerà recarsi alla cancelleria del tribunale del luogo dove si è aperta la successione o rivolgersi a un notaio.
L’accettazione con beneficio d’inventario e la redazione dell’inventario
La principale ragione che a volte rende incerti sull’opportunità di accettare l’eredità è la confusione dei patrimoni: per l’erede non avrà alcun senso una distinzione tra debiti suoi personali e debiti del defunto, perché anche per questi ultimi risponderà con l’intero suo patrimonio personale.
Per rimediare a quest’incertezza è possibile accettare l’eredità con beneficio d’inventario: si rende cioè (sempre presso la cancellaria o dinanzi al notaio) una specifica dichiarazione di accettare l’eredità ma al tempo stesso di limitare la propria responsabilità. La procedura richiede venga entro quaranta giorni stilato effettivamente l’inventario (o addirittura si potrebbe prima effettuare l’inventario e poi accettare), cui procederà il cancelliere o un notaio.
Il termine dell’accettazione beneficiata sarebbe quello stesso decennale dell’accettazione pura e semplice. In realtà se l’erede è in possesso dei beni, i termini si accorciano radicalmente: l’inventario andrà effettuato entro tre mesi dal decesso del de cuius, con la possibilità di una proroga fino a sei se sussistono gravi circostanze. Il mancato rispetto dei termini fa decadere dal beneficio, e quindi lascia esposti alla responsabilità illimitata.
I rappresentanti legali degli enti e dei minori hanno l’obbligo di accettare con beneficio d’inventario.
Se il genitore del minore omettesse di farlo, il minore sarà comunque protetto dal beneficio fino al trascorrere di un anno dal compimento della maggiore età.
La rinuncia all’eredità
Come detto, il diritto di accettare si prescrive dopo dieci anni, trascorsi i quali è come se l’erede avesse rinunciato.
Ma nei dieci anni l’erede può anche rinunciare. Accade soprattutto quando si vogliono favorire altri coeredi (spesso ad esempio, il coniuge rinuncia a favore dei figli: non nel senso che cede i diritti ai figli, ma nel senso che rinunciando lui la sua quota di eredità si accresce a quella dei figli) oppure, quando a fronte di un’evidente esposizione debitoria, si preferisce stroncare sul nascere le pretese dei creditori del defunto tirandosi fuori dall’eredità.
Come l’accettazione non può essere parziale (riguardare solo alcuni dei beni ereditari), specularmente la rinuncia determina la perdita dei diritti su tutti i beni ereditari. Gli eredi che sono interessati solo ad alcuni dei beni dovranno per prima cosa accettare l’eredità e poi farsi assistere dal notaio specializzato per abbandonare nel prosieguo, mediante una diversa forma di rinuncia, solo quelle posizioni che non intendono coltivare.
Al pari dell’accettazione, la rinuncia può essere resa dinanzi al cancelliere del tribunale competente.
Qualora il chiamato sia nel possesso dei beni, dopo tre mesi perderà il diritto di rinunciare all’eredità (questa, perlomeno, è l’interpretazione prevalente di una norma scritta con una certa ambiguità).
La rinuncia può essere revocata fino a che il chiamato in grado successivo, o i chiamati di pari grado, non abbiano accettato l’eredità al posto del rinunciante.
Calcolo dell’asse ereditario
Il patrimonio ereditario non è costituito solo dai beni di cui era titolare il de cuius al momento della morte: per quanto concerne il computo dei diritti dei legittimari, la composizione delle quote dei coeredi e gli effetti fiscali, a questi beni si aggiungono tutti quelli che sono usciti mediante donazioni dirette o indirette. In dottrina si dice che l’asse ereditario comprende, appunto, il relictum e il donatum.
Per stabilire quel che spetta ai legittimari bisogna risalire anche alle donazioni effettuate in vita. Se ad esempio nel patrimonio alla morte (relictum) fossero presenti beni per 300.000 euro, ma ne fossero stati donati a fratelli per 500.000 euro (donatum), l’unico figlio erede avrebbe il diritto di calcolare la sua legittima sulla metà di 800.000 euro, ovvero 400.000 euro. Potrebbe quindi, a parte l’eredità, agire in riduzione contro le donazioni ai fratelli, a partire dall’ultima, per recuperare gli altri 100.000 euro.
Per quanto riguarda le quote ereditarie, invece, il donatum è alla base dello strumento della collazione. Le quote di ciascun erede, pertanto, vengono calcolate al lordo di quanto ha già ricevuto per donazione, che egli deve conferire nella massa fittizia. Nell’esempio precedente, se i figli fossero stati tre, e il figlio A avesse ricevuto 200.000 euro per donazione, il figlio B 300.000 per donazione e il figlio C nulla prima della successione con il relictum di 300.000 euro, il calcolo complessivo sarebbe di circa 267.000 euro a testa. Dei 300.000 euro rimasti nel patrimonio ereditario, il figlio A avrebbe diritto ancora a 67.000 euro, e al figlio C spetterebbero i restanti 233.000 più i 33.000 che il figlio B dovrebbe restituire per collazione. Si noti come al figlio B, nel caso specifico, converrebbe rinunciare all’eredità, perché in tal caso terrebbe tutti i 300.000 euro.
Il calcolo della collazione può non essere così immediato perché le donazioni indirette non sono sempre evidenti come le donazioni diretta. Oltre a un perito, nella composizione amichevole delle divisioni la figura del notaio può assurgere a quella di equilibratore e consulente.
Un dettaglio assai importante è che il valore dei beni da conferire in collazione non è quello che avevano al momento della donazione ma quello al momento dell’apertura della successione.
Infine, per quanto riguarda le imposte di successione, l’Agenzia delle Entrate sostiene che il cumulo delle donazioni con l’eredità incida sull’aliquota da applicare. Tale posizione tuttavia è respinta dalla Corte di Cassazione.
La dichiarazione di successione
Entro un anno dalla morte del de cuius, i chiamati all’eredità hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione. Questo punto è importante da sottolineare: le imposte non vanno pagate in quanto eredi ma in quanto chiamati. Non significa che chi rinuncia all’eredità sia tenuto a pagare le tasse, per effetto della chiamata ereditaria. La rinuncia, infatti, ha efficacia retroattiva: è come se non si fosse mai stati chiamati all’eredità. Se però la rinuncia avvenisse dopo che si è presentata la dichiarazione di successione non si avrebbe diritto al rimborso.
Siccome si hanno dieci anni di tempo per accettare l’eredità, si può pensare che il caso di chi paga le tasse e poi decide di accettare sia piuttosto frequente. In realtà per i chiamati che sono in possesso dei beni ereditari la possibilità di rinunciare si considera persa dopo tre mesi, di solito un anno di tempo è sufficiente per farsi un’idea sulla consistenza dell’asse e sull’opportunità di accettare, e comunque la presentazione tardiva della dichiarazione di successione comporta sanzioni davvero esigue. In ogni caso, essendo la dichiarazione di successione un obbligo del chiamato, la sua presentazione non implica l’accettazione dell’eredità (secondo la giurisprudenza recente, però, la voltura catastale degli immobili ereditari comporta accettazione tacita: un ragionamento discutibile se si considera che la voltura è un effetto automatico della dichiarazione di successione).
La denuncia di successione (altro termine usato per la dichiarazione) viene presentata da uno solo dei chiamati ma tutti gli altri, ove non abbiano rinunciato, sono obbligati solidalmente al pagamento. L’adempimento viene eseguito da pochi anni per via telematica, ed è alla portata di un comune cittadino solo in via teorica, dovendosi compilare su un software di impiego non così amichevole. A differenza della Francia, non vi è l’obbligatoria intermediazione di un notaio, e dunque è possibile rivolgersi a un professionista diverso, come un centro di assistenza fiscale, un geometra o un commercialista. È difficile però negare che, per formazione, il notaio sia quello dotato di competenze più organiche, in quanto specialista del diritto successorio.
È altresì importante rendersi conto, chiunque sia il professionista incaricato, se egli intende svolgere il lavoro con il meccanico inserimento dei dati che gli averte fornito; o se invece li verifica, per sincerarsi che gli immobili siano intestati correttamente e se ce ne siano altri, che non erano a vostra conoscenza o dei quali il defunto sia ancora intestatario per errore.
Fra le operazioni preliminari alla dichiarazione di successione, vi sono:
a) la sottoscrizione di atti notori o dichiarazioni sostitutive per ricevere dalle banche la dichiarazione di sussistenza, ovvero l’indicazione delle somme che il defunto deteneva sui conti correnti e i depositi titoli;
b) l’apertura delle cassette di sicurezza di cui il notaio dovrà inventariare il contenuto.
La presentazione della dichiarazione di successione è richiesta dalle banche per svincolare i conti correnti a favore di quelli che risultano essere gli eredi. Più in generale, i debitori sono tenuti a non corrispondere le somme dovute agli eredi del creditore in assenza di dichiarazione di successione.
Non vi è obbligo di presentazione della dichiarazione di successione nel caso che eredi siano il coniuge o i discendenti in linea retta, non vi siano beni immobili compresi nell’eredità e il valore complessivo della successione non superi i 100.000 euro.
Le tasse di successione e le imposte
L’Italia è, fra i grandi paesi dell’occidente industrializzato, quello più generoso nell’imposta di successione, quasi un paradiso fiscale. Basti dire, ad esempio, che su alcuni tipi di successione in cui è erede un figlio è il valore è di un milione, l’onere fiscale in Francia supera i 250.000 euro, in Germania si aggira sui 200.000 e in Italia è pari a zero. Questa situazione, non necessariamente stabile a anzi problematica sotto il profilo dell’armonizzazione delle aliquote europee, dovrebbe spingere tutti gli interessati a pianificare per tempo la loro successione consultando uno specialista, tendenzialmente un notaio che sia particolarmente ferrato nella materia.
Le imposte di successione hanno aliquote a scaglioni, secondo il grado di parentela. Il coniuge, i discendenti e gli ascendenti pagano un’aliquota del 4%, i parenti fino al quarto grado e gli affini fino al terzo al 6% e tutti gli altri fino all’8%. È tuttavia concessa una franchigia fino a un milione per il coniuge e ciascun figlio, e di 100.000 euro per i fratelli.
Se l’eredità include beni immobili le imposte vengono pagate non sul loro valore commerciale ma sul valore catastale. Gli immobili scontano anche le imposte ipotecarie e catastali, nella misura del 3%. Per via dell’applicazione delle franchigie, spesso sono le sole imposte che si applicano. Quando per uno degli eredi sussistono i requisiti per l’applicazione delle agevolazioni per la prima casa, le imposte ipotecarie e catastali su quell’immobile vengono applicate nella misura fissa di 200 euro l’una per lui e per tutti gli altri.
Se dell’eredità fa parte un’azienda individuale o quote di società, anche esistono regole per determinarne il valore. Tuttavia se eredi sono discendenti in linea retta, per l’azienda o le partecipazioni sociali di controllo, è stabilita un’esenzione da imposta a condizione che la titolarità dell’azienda o della partecipazione di controllo venga mantenuta per i cinque anni successivi.
Il notaio specialista cui affidate la pianificazione della successione potrà orientarvi nel realizzare in anticipo i presupposti che consentono l’esenzione.
La comunione e la divisione ereditaria
Se gli eredi sono più di uno, per legge o per testamento, essi entrano in comunione, diventano contitolari di diritti.
Rispetto alla comunione ordinaria, la principale peculiarità della comunione ereditaria è l’esistenza della prelazione e del retratto successorio, previsti dall’articolo 732 del codice civile. Il coerede che vuole alienare la sua quota ereditaria (non la quota del singolo bene) deve dare preferenza agli altri coeredi che, se non interpellati, hanno il potere di riscattare la quota alle stesse condizioni cui era stata alienata.
La divisione è l’atto con cui gli eredi sostituiscono la loro quota sull’intero con un diritto esclusivo su uno o più beni della comunione. Tradizionalmente è stato considerato come un atto dichiarativo: come a dire che la situazione giuridica era sostanzialmente immutata. Più realisticamente, la Cassazione ha recentemente cambiato orientamento. Si tende ora a parlare di funzione attributivo-distributiva, senza tuttavia che in questa prima fase ne siano discesi rilevanti effetti pratici.
La divisione può essere volontaria, a mezzo di contratto notarile (o anche no, se il patrimonio non comprendeva né immobili né partecipazioni societarie), oppure giudiziale, quando gli eredi non raggiungono un accordo.
La divisione può infine essere anticipata dal testatore: in tal caso, nel testamento prima prevede la quota ideale e poi la compone con beni determinati, che devono essere effettivamente corrispondenti al valore della quota, o almeno non discostarsene in misura superiore a un quarto. Anche la divisione volontaria può essere successivamente impugnata per la stessa ragione (l’azione si chiama rescissione per lesione).
L’esecutore testamentario
Il testatore può nominare nel testamento un soggetto che si prenda cura dell’esecuzione delle sue volontà. L’incarico può essere attribuito a un erede o a un legatario, ed è gratuito, se non è diversamente stabilito (ovviamente l’esecutore può rifiutarlo). L’esecutore, secondo le disposizioni, può prendere possesso dei beni ereditari per non più di un anno, venderli, procedere alla divisione, anche secondo un piano di riparto da lui stesso predisposto. Il crescere della responsabilità e del patrimonio rende piuttosto normale che l’incarico sia retribuito e affidato a un professionista di fiducia, come potrebbe essere il legale di famiglia o un notaio che si ritenga particolarmente qualificato allo scopo.
Anticipare la successione: le donazioni e altri esempi
Sarà a questo punto chiaro che la donazione viene trattata come un anticipo di successione. Coerentemente, è sottoposta alla medesima tassazione. In questi termini non ha dunque senso domandarsi se sia più conveniente la donazione o la successione. Tuttavia, quando la donazione di un immobile viene fatta solo per la nuda proprietà, perché il donante si riserva l’usufrutto, la base imponibile viene ridotta. E se si ragiona in prospettiva, le aliquote della successione futura potrebbero essere più elevate di quelle, molto basse, della donazione oggi.
La donazione è un contratto, da stipularsi per atto pubblico notarile, cui partecipa anche il donatario. Anche la donazione di una somma di denaro richiederebbe l’atto pubblico, a pena di nullità.
La donazione di denaro effettuata per pagare il prezzo di un immobile intestato direttamente al donatario rappresenta una donazione indiretta di immobile: pertanto il valore da conferire in collazione non sarà quello della somma rivalutata ma quello dell’immobile al momento del decesso del de cuius.
Il trust con effetto immediato è una donazione indiretta. Rispetto alla donazione, non attribuisce i diritti sul bene al beneficiario durante la vita del disponente ma li conserva nell’amministrazione del trustee che, se previsto dall’atto istitutivo, potrebbe a certe condizioni impiegarli ancora a favore del disponente.
Il passaggio generazione dell’impresa. Patto di famiglia, clausole societarie, trust.
Il passaggio generazionale rappresenta un momento tradizionalmente critico per il capitalismo italiano, che è familiare al 98% ma arriva alla terza generazione solo per il 14%, spesso per la resistenza del fondatore ad affrontare concretamente la questione della sua successione come capo d’impresa.
La riforma del diritto societario, nel 2003, ha aperto la strada a clausole successoria ad hoc, molte delle quali in verità già anticipate dalla prassi, e comunque di impatto contenuto.
Il legislatore ha poi variato uno strumento teoricamente su misura, il patto di famiglia, che costituisce un’eccezione al divieto dei patti successori e anche al calcolo della collazione, in questo caso congelata nel valore all’epoca del patto e non riferita all’apertura della successione.
Il patto di famiglia è un negozio complesso e in certi casi soddisfacente, che però non sempre coincide nello spirito con quelli che sarebbero idealmente i propositi del capostipite.
La soluzione forse più convincente è il trust, nonostante sia meno vincolante per gli eredi del patto di famiglia. Ma il notaio esperto di trust saprà inserire clausole di deterrenza all’esercizio di azioni e interdizioni da parte di coeredi diversi dal successore dell’imprenditore, e il trust renderà possibili quella distribuzione continuativa di ricchezza a tutta la famiglia e quella segregazione patrimoniale che il patto di famiglia non è giuridicamente in grado di ottenere.
Le successioni internazionali
La materia delle successioni internazionali è disciplinata in Italia dal Regolamento Europeo delle Successioni 600/2012, in vigore dal 17 agosto 2015 per le successioni apertesi a partire da tale data.
Il Regolamento ha effetti civilistici e procedurali. Si stabilisce che la legge applicata a una successione è quella dove il defunto aveva la residenza abituale (“abituale” non coincide per forza con anagrafica), salvo che in un atto avente la stessa forma del testamento abbia optato per la legge dello stato di cittadinanza. Il Regolamento stabilisce che, egualmente, il foro competente coincide con quello della residenza abituale.
La legge sulle successioni internazionali non riveste direttamente valore tributario: ma è chiaro che chi, meglio se con l’aiuto di un notaio specializzato, pianifica la propria successione è in grado di ottimizzare in modo conseguente l’allocazione degli investimenti, e quindi il profilo fiscale,
L’eredità digitale
La nuova frontiera del diritto successorio è rappresentata dall’eredità digitale, costituita in primo luogo da beni e rapporti giuridici memorizzati su supporto elettronico. Si tratta di una categoria eterogenea di cui fanno parte, ad esempio, i software, gli NFT, le criptovalute, le foto digitali, i nomi a dominio.
Il diritto successorio non è del tutto attrezzato a cimentarsi con questa nuova forma di immaterialità: la dimostrazione più vistosa è la sorte degli account (che in certi casi possono vantare anch’essi un rilevante valore patrimoniale) o delle credenziali di accesso e delle password.
Una pianificazione della successione digitale è quindi un’operazione ormai necessaria e se stante, da realizzarsi con l’assistenza di un giurista competente nel ramo che conosca come differenziare le soluzioni a seconda delle piattaforme o della tipologia di diritti.