Protezione patrimoniale

Indice dei Contenuti

Cosa deve intendersi per protezione del patrimonio

Alla protezione patrimoniale si può pensare in due modi:

  • Non rispondere con il proprio patrimonio di debiti già esistenti
  • Utilizzare legittimamente (in senso sia giuridico che etico) strumenti di tutela del patrimonio per proteggerlo da future, impreviste esposizioni debitorie.

Il primo caso, dal punto di vista professionale, è per lo più nelle mani di abbindolatori.
Sorvolando sul profilo etico, è raro che porti al risultato auspicato da chi lo intraprende, e comunque è escluso che tale risultato lo realizzi con gli strumenti tipici di protezione del patrimonio.
Questo non vuol dire che attuarne uno sia sempre da sconsigliare a chi ha un debito: potrebbe servire per debiti futuri; nei casi di contestazioni giudiziarie ingiustificate può fungere da temporaneo mezzo di ostruzionismo in attesa del giudizio o di una transazione; o, anche, in una situazione in cui i debitori siano una pluralità (come più ex soci di una società di persone o più fideiussori per uno stesso debito), se qualcuno ha messo in atto strumenti giuridici di tutela il creditore potrebbe trovare più agevole agire giudizialmente ed esecutivamente verso chi non li ha messi in atto.
Ma occorre sempre sincerarsi che la propria posizione non risulti peggiorata (anche con profili penali) e che il negozio giuridico non sia attuato con approssimazione tecnica.

In ogni caso, la protezione del patrimonio di cui si intende parlare, e della quale il notaio Remo Bassetti si presenta come specialista, è quella del secondo tipo (anche la prima se l’ottica non è quella pseudo-salvifica ma di onesta riduzione del danno).
Non sottrarre beni a creditori che hanno già un titolo per agire, o lo avranno perché esistono già i presupposti del debito, ma tutelare responsabilmente beni familiari e frutti del proprio lavoro su cui nessuno, sino a quel momento, vanta diritti.
Anche questa materia tuttavia non è esente da approcci ingannevoli.

Illusioni della tutela del patrimonio immobiliare: il fondo patrimoniale

Il fondo patrimoniale è un vincolo apposto a un immobile, per effetto del quale non potranno compiere azioni esecutive sul bene e sui suoi frutti coloro che hanno maturato un credito per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Tecnicamente la costituzione del fondo patrimoniale è una speciale convenzione matrimoniale da stipularsi per atto pubblico, quindi dinanzi al notaio. Possono farvi ricorso soltanto, dunque, persone coniugate. Non implica un trasferimento del bene: se del bene è titolare uno solo dei coniugi, la proprietà rimarrà a lui, ma l’amministrazione spetterà anche all’altro coniuge. La vendita dei beni andrebbe autorizzata, in presenza di figli minori, salvo però che nell’atto costitutivo non sia stabilito diversamente (e quasi sempre si esclude l’autorizzazione). Il fondo si estingue con la cessazione degli effetti civili del matrimonio, al massimo prolungandosi, se ci sono figli minori, fino al compimento della loro maggiore età. La dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che i coniugi, di comune intesa, possano decidere di estinguerlo anticipatamente. E d’altronde se vendono tutti i beni in fondo patrimoniale, dato che il fondo non può trasferirsi sulle somme riscosse, si verifica indirettamente l’estinzione.

Il fondo patrimoniale è stato introdotto dalla riforma del diritto di famiglia, ma è dubbio che mai ne sia stato stipulato uno con il reale obiettivo dell’asservimento alle esigenze familiari. Rapidamente lo scopo diretto è diventata la protezione pura e semplice del patrimonio familiare immobiliare, e in questo non ci sarebbe niente di male. Se non fosse per il fatto che troppe persone ci hanno preso gusto, sia provando inutilmente a opporlo a creditori già esistenti sia infilando una quantità innumerevole di immobili sotto l’etichetta dei bisogni della famiglia. Ne è stata generata una serie sterminata di contenziosi, che a un certo punto ha reso lo strumento inviso alla giurisprudenza.
Con un rovesciamento argomentativo che qui sarebbe troppo lungo da spiegare, la giurisprudenza (fra le tante sentenze, è indicativa la pronuncia 4011/2013) ha utilizzato il concetto esteso di bisogni familiari per affermare che anche debiti, come quelli di lavoro, fiscali o legati a richieste di risarcimento, possono intaccare il fondo patrimoniale. In sostanza, il fondo non sarebbe utile nemmeno quando il credito sia sorto posteriormente alla sua costituzione. Nella giurisprudenza rimane qualche oscillazione, ma il declino del fondo patrimoniale è ormai evidente. Sarebbe a dir poco avventato fondare la propria sicurezza di tutelare un immobile familiare sull’esistenza del fondo patrimoniale.
Incide sulla sua fragilità anche la povertà giuridica del fondo, che finisce per essere una sorta di bollino, non accompagnato da nessuna costruzione strutturale né da una dichiarazione concreta d’intenti (e incide anche sul risibile costo: se però non serve…)

Illusioni della tutela del patrimonio immobiliare/2: la società semplice

Un altro rimedio proposto da alcuni consulenti per la tutela del patrimonio immobiliare è la costituzione di una società semplice, che funga da contenitori di immobili. Come testimonianza della bontà della società semplice, viene fatto notare che se ne sono serviti imprenditori illustri: ma costoro mai hanno avuto il problema di creditori che bussassero alla porta e l’hanno impiegata per ragioni diverse (quelle tributarie, ad esempio, per un periodo limitato; oppure di holding, con discrete attitudini ai fini della pianificazione successoria). La società semplice, quindi, nata essenzialmente come società agricola non commerciale, ha esteso la sua funzione al godimento di patrimoni mobiliari e immobiliari.

Vista però dall’angolazione della tutela patrimoniale, tuttavia, alla proprietà di un immobile si sostituisce la titolarità di una quota sociale, egualmente passibile di atti conservativi ed esecutivi.
Chi nega che la quota di società semplice sia pignorabile si rifà per lo più alla lontana sentenza della Cassazione 15605/2002: che in realtà non riguardava una società semplice e dava anche torto alla parte che domandava l’impignorabilità della quota. Solo, di passaggio, la Cassazione sembrava aprire a una soluzione diversa nel caso che le quote fossero state intrasferibili senza il consenso di tutti i soci.
L’eco di questa posizione riecheggia in qualche giudizio di merito: pochi però, e la mancanza di contenzioso non è prova della sua forza ma della sua scarsa applicazione.
Ci sono in realtà validi argomenti normativi per escludere l’impignorabilità. Oltre tutto, non vengono in conflitto un interesse d’impresa con un interesse di tutela del credito. La società semplice non svolge attività d’impresa e non esiste alcun motivo plausibile per sottrarla alla regola posta dall’articolo 2740 del codice civile per il quale i debitori rispondono con tutto il loro patrimonio.

Il vincolo di destinazione

Per capire il vincolo di destinazione, è utile partire dal fondo patrimoniale. Anche in questo caso, si tratta, appunto, di un vincolo orientato a uno scopo, per via del quale i beni possono essere aggrediti solo da coloro che hanno un titolo di credito collegato a quello scopo. Mentre il fondo patrimoniale, però, può essere costituito solo da coniugi, il vincolo può essere costituito da qualunque persona, indipendentemente dal suo stato civile; e non è limitato ai bisogni familiari, ma proiettato verso una varietà di fini. Anche per i coniugi, specie alla luce di quanto detto riguardo al fondo patrimoniale, potrebbe essere più utile ricorrere a un vincolo, che non necessariamente si estingue con la fine del matrimonio o dell’unione civile e, contrariamente al fondo, consente di articolare uno specifico bisogno familiare e farne oggetto di un programma, che poi andrà rispettato. Per questo, mentre il fondo patrimoniale non necessita di un giurista sofisticato, il vincolo di destinazione (che esige anch’esso l’atto notarile) si giova di un’assistenza calibrata, rigorosa e creativa.
Il vincolo di destinazione può comunque operare in diversi ambiti, oltre a quello familiare, e con sempre sullo sfondo l’obiettivo della segregazione ai fini di protezione del patrimonio immobiliare.

Il trust

Il trust rappresenta in questo momento l’apice della protezione patrimoniale, benché sia abbinato a fini paralleli (come la pianificazione successoria) o possa essere impiegato per finalità diverse, ad esempio a sostegno della soluzione di crisi d’impresa.
Proveniente dagli ordinamenti anglosassoni, introdotto dalla Convenzione dell’Aja in Italia con la legge di ratifica del dal 1989 (pur non regolato da una legge nazionale) ha inizialmente patito un certo disagio dell’ordinamento a metabolizzarlo, anche a causa dell’uso distorto cui è stato sottoposto. Ma oggi possiamo dire che è entrato nella fase di maturità: rimane uno strumento che esige un’elevata specializzazione e che può apparire ostico all’impatto, ma quando è condotto con fini chiari e trasparenza risulta presto chiaro e idoneo ad assicurare interessi essenziali.
Oltre tutto, a partire dal 20 ottobre 2023, la circolare 34/E dell’Agenzia delle Entrate lo rende particolarmente interessante sotto il profilo fiscale.

Il notaio e l’analisi per la protezione del patrimonio

Il cliente che si affida al notaio per la protezione patrimoniale non deve pensare di possedere già la soluzione in tasca. Un trust non si commissiona come si ordinerebbe un cappuccino al bar. L’analisi del notaio deve partire dalle specifiche esigenze, aspettative, situazione familiare. Da qui sarà possibile individuare lo strumento idoneo al caso (o un mix): esistono anche altri strumenti negoziali, oltre quelli sopra indicati, che possono svolgere una funzione di tutela; e altri ancora al di fuori della sfera notarile, come le polizze vita.
Bisogna infine considerare che la protezione del patrimonio si giova di una pianificazione, poichè alcuni degli strumenti richiamati generano effetti irreversibili. La protezione può essere attuata in maniera parziale e progressiva, consentendo da un lato di porre al riparo dai rischi futuri i frutti di una vita di lavoro- a beneficio di sè e delle persone vicine- e dall’altro, tuttavia, di avere sempre a disposizione delle somme da utilizzare per la vita quotidiana o delle riserve su cui contare in caso di eventi imprevisti nonchè beni da offrire in garanzia per ottenere finanziamenti.

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