Vincolo di destinazione

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A cosa serve il vincolo di destinazione

Il vincolo di destinazione, per esprimerlo con un concetto chiaro, è uno strumento di protezione del patrimonio immobiliare. Pertanto un immobile che è stato vincolato a uno scopo non può essere aggredito dai creditori personali di chi ha costituito il vincolo e nemmeno dai creditori della persona a cui favore è stato costituito: può essere aggredito solo dai creditori che tali sono in funzione di quello scopo. Per fare un esempio semplice, se un immobile venisse vincolato dai genitori al completamento del percorso di studi di un figlio i creditori legittimati a compiere azioni esecutive sul bene sarebbero le università a cui deve essere pagata la retta (ma direi anche l’amministratore per le spese condominiali, dato che le spese direttamente ascrivibili all’immobile rientrano nella gestione del vincolo). Non potrebbero compiere esecutivi i fornitori della madre imprenditrice, lo stato per i debiti fiscali del padre e neppure i creditori del figlio per un’azione di risarcimento dei danni non dipendente dagli studi. Il vincolo di destinazione è uno strumento di tutela del patrimonio da eventi avversi futuri. Detto tecnicamente è uno strumento di “segregazione patrimoniale”, che consiste nella destinazione di beni a uno specifico scopo e della loro conseguente separazione dal resto del patrimonio di una persona, che non ne perde la titolarità ma limita la sua responsabilità rispetto ai creditori. Il vincolo di destinazione è anche uno degli strumenti per la tutela dei disabili gravi dalla legge 112/2016 e può trovare in generale molte applicazioni nella tutela della famiglia di fatto e anche di quella composta da persone unite in matrimonio o unione civile.

Quando non serve il vincolo di destinazione

A frenare facili entusiasmi, chiariamo subito che questi creditori esclusi che ho descritto sono solo quelli il cui titolo è posteriore alla costituzione del vincolo. Se i debiti dei genitori esistevano già prima (anche allo stato latente, nel senso che non era stato ancora contestato, e neppure emerso) i creditori potranno ottenere l’azione revocatoria ai sensi dell’articolo 2901 c.c. o, se era stato costituito a titolo gratuito, comportarsi come non esistesse, compiendo egualmente azioni cautelative ed esecutive sui beni. Qualunque professionista vi dica che potere scampare a debiti già esistenti attraverso il vincolo di destinazione o è un ignorante in materia o è un truffatore. Il vincolo di destinazione è uno strumento di tutela del patrimonio da eventi avversi futuri.

Come si costituisce il vincolo di destinazione

Per il vincolo di destinazione è necessario un atto pubblico notarile (anche una scrittura privata autenticata sarebbe insufficiente). L’atto sarà poi trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, e da quel momento sarà opponibile ai terzi: dispiegherà cioè i suoi effetti verso l’esterno.

Quale norma lo prevede e in quali casi è legittimo il vincolo di destinazione

Il vincolo di destinazione è uno strumento giuridico ancora poco esplorato. È stato infatti introdotto nel 2006 all’interno del codice civile (articolo 2645-ter), ma in un modo stranissimo: una regolamentazione quasi nulla, una figura giuridica che è stata introdotta non parlandone ma tacendone. Si apprende solo, oltre alla questione della segregazione patrimoniale, che la durata non può essere superiore a novant’anni o alla durata della vita del beneficiario e che, oltre al conferente, possono agire per la sua realizzazione tutte le persone interessate. La cattiva stesura della norma ha sollevato in molti interpreti dubbi (a mio parere anche eccessivi) rispetto al fatto che il vincolo si possa costituire per un qualunque interesse lecito, ricavandone che l’interesse tutelato attraverso il vincolo debba essere particolarmente meritevole. Ma se anche solo si rimane nell’alveo di interessi costituzionalmente garantiti il potenziale raggio d’azione del vincolo deve considerarsi comunque molto esteso. In ogni caso, non si può dire che esista davvero una giurisprudenza restrittiva sul vincolo di destinazione: per la timidezza con cui si decide di ricorrervi, poche sono le decisioni e quelle fortemente limitative sono praticamente riconducibili, in via reiterata, a un unico tribunale del centro Italia, che ne ha adottato una personalissima visione (parzialmente smentita, peraltro, dal loro stesso estensore quando scrive per riviste giuridiche).

Come regolare un vincolo di destinazione

Ancor più che nel fondo patrimoniale, mancando una disciplina dettagliata, l’efficacia del vincolo cambia totalmente a seconda del modo in cui viene regolamentata la costituzione e a seconda della perizia tecnica del notaio.
Il grosso equivoco diffuso sul vincolo di destinazione è la sua parziale assimilazione al trust, che invece ha poco a che fare con esso: si tratta di una chiave di lettura che nuoce a entrambi gli istituti.
Per quanto mi riguarda ho sviluppato una netta distinzione tra le due figure, che a volte giustifica persino l’impiego di entrambi per sistemare in modo differenziato una complessiva situazione familiare. Posso inoltre affermare che, spiegato in modo appropriato alle banche, il vincolo può persino diventare uno strumento con una sua esclusiva specificità per ottenere credito in cambio di una garanzia.
Come per il trust, affronto con il cliente una serie di sedute, qualora la preliminare valutazione diagnostica sull’idoneità allo scopo e la legittimità nel caso specifico sia positiva. Considero mio “marchio di fabbrica” la predisposizione di un dettagliato e personalizzato “programma di destinazione” volto a fornire di ciascun vincolo una spiegazione trasparente all’esterno e dimostrare la serietà dell’intento visto che la deviazione dal programma giustifica la decadenza del vincolo.
Il vincolo di destinazione può anche essere impiegato, con esiti migliori, al posto del fondo patrimoniale.

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