Il punto sul trust in Italia nel 2023

  1. Premessa: il trust interno e la sua affermazione

  2. Il trust e la protezione patrimoniale

  3. Il trust e le imposte di successione

  4. Alcuni significativi profili tributari del trust

  5. Il crescente favore della giurisprudenza

Premessa: il trust interno e la sua affermazione

 

Il trust è il negozio giuridico con cui un soggetto (disponente) trasferisce fiduciariamente i beni a un amministratore (trustee), affinché costui li amministri secondo scopi o a favore di beneficiari del reddito, come previsto dall’atto istitutivo, per poi trasferirli alla scadenza ai beneficiari del fondo (che potrebbero anche essere gli stessi che fruiscono del reddito). Parliamo di trust interno quando tutti gli elementi principali, ad eccezione della legge regolatrice, sono italiani. Dopo una lenta metabolizzazione da parte dell’ordinamento (anche a causa della sua impropria utilizzazione), oggi possiamo dire che il trust è uno strumento pienamente integrato, affidabile, che non solleva sospetti su chi vi ricorre e non suscita antipatia presso gli uffici tributari. Il tutto, s’intende a condizione, che la sua stesura sia stata affidata a uno specialista e che costui abbia guidato la clientela verso fini legittimi.

Leggi in cosa consiste e a cosa può servire il trust, spiegato con parole semplici sulla mia breve “Guida al trust in 8 mosse”

 

Il trust e la protezione patrimoniale

Il primo pensiero, quando si parla di trust, corre alla protezione del patrimonio.

È un pensiero sbagliato se si confida di scansare debiti già esistenti, o dei quali siano già esistenti i presupposti (se qualcuno non ha versato l’Iva, ad esempio, il debito è da considerarsi virtualmente esistente anche se l’Agenzia delle Entrate non se ne è ancora accorta). Chiunque vi suggerisca il trust come soluzione in questi casi, vi sta facendo imboccare una strada inutile, e in certi casi anche pericolosa in termini penali.

La credulità dei soggetti indebitati ha spinto alla costruzione di sostanziali truffe: circolava e ancora circola (bisogna dirlo: a prezzi economici) un testo surreale, incomprensibile in italiano, privo di ogni significato giuridico e comico in alcuni passaggi, presentato come il lasciapassare per non pagare più nulla a nessuno (men che mai allo stato per le imposte), smistato anche a persone che pure avrebbero un certo grado di istruzione.

Diverso è il caso di chi vuole invece agire in prevenzione, e cioè limitare il suo patrimonio in vista di rischi professionali o d’impresa che potessero sorgere. A questi fini il trust è efficacissimo e non contestato in alcun modo dalla giurisprudenza, sempre che il giurista che ha assistito il disponente abbia predisposto le clausole in modo congruo.

Questo non vuol dire che chi ha dei debiti preesistenti non possa istituire un trust: se ha intenzione di pagarli non c’è problema, ed egualmente se fuori dal trust rimane una parte capiente di patrimonio.

Sempre a proposito del soggetto indebitato, i suoi familiari (tipicamente gli ascendenti) hanno la possibilità, grazie al trust, di pensare a soluzioni alternative per la successione, che concilino gli interessi e la tutela del discendente più esposto a richieste di creditori con la tutela futura del patrimonio nell’interesse complessivo della famiglia.

Chiedi una consulenza professionale al notaio Remo Bassetti, specialista del trust, della protezione del patrimonio, della pianificazione successoria

Il trust e le imposte di successione

La circolare dell’Agenzia delle Entrate 34/E del 20 ottobre 2022 ha rovesciato l’impostazione della pubblica amministrazione, allineandosi alle tesi delle commissioni tributarie e più recentemente della Corte di Cassazione. Il trust è sottoposto alle imposte di donazione e successione, oltre che alle ipotecarie e catastali se vengono conferiti beni immobili: ma le imposte non vanno più versate nel momento dell’istituzione (quindi del trasferimento dal disponente al trustee) bensì all’atto dello scioglimento del trust, con l’assegnazione dei beni dal trustee ai beneficiari.

Nei trust orientati alla pianificazione successoria o al passaggio generazionale dell’azienda, non era poi così male versare le imposte immediatamente: lo stato italiano, in materia di successioni, è attualmente una sorta di paradiso fiscale, e definire il pagamento delle imposte cristallizzandolo alle aliquote e franchigie attuali avrebbe tenuto al riparo da futuri aumenti sia diretti (armonizzazione delle imposte di successione a livello europeo) sia indiretto (aumento delle rendite catastali o dei coefficienti per determinarle).

Quel che accade ora, però, è in teoria ancora più allettante. Siccome il trust potrebbe avere una scadenza molto lunga, che supera i primi discedenti (ma se ne prende comunque carico), il momento della riscossione si allontanerebbe al punto da rendere assurda la preoccupazione per gli aumenti a venire. Alla luce della velocità dei cambiamenti sociali, una programmazione affidabile con scadenze remote è del tutto anacronistica. Per questa ragione, tuttavia, il trust si presenterebbe come un modo per evitare l’imposta di successione.

Bisognerà capire come nel tempo si riorganizzerà la normativa per scongiurare quest’evenienza. Nel frattempo, però, il regime tributario introdotto dalla circolare è vigente, e non verrà certo sconfessato nel breve termine.

Nella circolare, in ogni caso, si precisa che bisognerà valutare le clausole dell’atto istitutivo per verificare se alcuni soggetti hanno già diritto ad attribuzioni a loro favore, specificando che in tal caso le imposte di successione andrebbero applicate sin d’ora.

Anche qui, diventa dunque determinante la perizia dello specialista che, soprattutto in trust di lunghissimo periodo, dovrà assicurare l’equilibrio fra la tutela di tutti i beneficiari e quella dei legittimari, il tipo di discrezionalità attribuita ai poteri del trustee e l’ottica fiscale.

Il libro “Il trust: criticità, correzioni, sviluppo (Giappichelli), a cura del notaio Remo Bassetti

 

Alcuni significativi profili tributari del trust

La circolare ha finalmente statuito che i trust che hanno lo scopo di soddisfare esistenti pretese di creditori di regola non vanno assoggettati alle imposte di successione e donazione.

Inoltre, sono stati dichiarati esenti da imposta (oltre ai conferimenti) gli acquisti a titolo oneroso effettuati dai trust della legge Dopo di Noi, n. 112/2016.

Dal punto di vista delle imposte dirette, il trust rimane soggetto Ires (oggi dunque tassato al 24%) e il reddito viene tassato una volta sola: in capo ai beneficiari se il trust è trasparente, in capo al trust se è un trust opaco.

Variamente peggiorativa invece la situazione del trust opaco commerciale che subirebbero una doppia tassazione. Una posizione inattesa da parte dell’Agenzia, molto criticata dai commentatori, che ne auspicano la revisione.

Inoltre, con la risposta a Interpello 267 del 27 marzo 2023, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che l’eccessiva limitazione delle facoltà gestorie del trustee secondo la volontà del disponente, attraverso il guardiano, determina l’inesistenza tributaria del trust e l’imputazione dei redditi direttamente al disponente, in base alla normativa sul soggetto interposto.

(Guarda il mio video di commento alla circolare 34/E dell’Agenzia delle Entrate)

 

Il crescente favore dalla giurisprudenza

Basta spulciare tra le sentenze più recenti per constatare che dell’iniziale atteggiamento ostile della giurisprudenza è rimasto poco o nulla. Basti citare, fra gli esempi recenti che:

  • Il Giudice Tutelare del Tribunale di Roma il 24 giugno 2022 ha autorizzato l’istituzione di un trust in favore del figlio minore su beni da lui ricevuti per donazione del nonno.
  • La Corte d’Appello di Brescia 22 dicembre 2022 ha negato che costituisca abuso del diritto un trust istituito dal genitore-tutore sull’unico immobile di proprietà del figlio interdetto;
  • Il Tribunale di Lodi, il 10 maggio 2023, in un contenzioso instaurato contro un notaio per questioni legate al dovere di consiglio, cita il caso, ormai uno dei tanti, di trust istituito dall’amministratore di sostegno a favore dello stesso disponente;
  • La Cassazione penale n. 3360 del 25 gennaio 2023 ha negato la confiscabilità della quote di imputati di associazione a delinquere in trust a favore di mogli e figli, perché il trust doveva considerarsi effettivo e non simulato, vista la nomina di trustee di provata competenza tecnica, il compenso per costoro regolarmente versato e l’assenza di rapporti pregressi fra trustee e imputati (riporto questa sentenza, non di particolare interesse per chi non compie attività illecite, perché sin qui la giurisprudenza penale aveva mostrato un relativo disinteresse a entrare nei dettagli del trust per valutarne l’effettività; l’inversione di tendenza mostra un diverso apprezzamento per l’istituto).

Ovviamente, l’ormai innumerevole serie di decisioni della Corte di Cassazione che ha indotto infine l’Agenzia delle Entrate ad adottare la tesi favorevole al contribuente.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.